Sarà con noi Elena Granata per parlarci del suo nuovo libro

Martedì 28 giugno 2022

ore 21:00

Placemaker

Ecolove

creatori di luogo

Libreria il gabbiano Trezzo sull'Adda

 

 

Elena Granata

Il suo percorso si muove tra città e città, tra paesaggi e paesaggi, dalle architetture contemporanee ai progetti di spazio pubblico, dagli esperimenti sulla

gestione della mobilità alle tecnologie a basso impatto, dalle imprese innovative alla comunicazione culturale. Un viaggio che raccoglie progetti radicali, che vanno alla radice dei problemi; ecologici perché capaci di lavorare sulle interdipendenze, tra povertà e crisi ambientale, tra economia e cambiamenti climatici, tra mobilità e democrazia, tra educazione e spazi pubblici; e infine, coesivi, perché partono dal loro ambiente (naturale, culturale, sociale).Elena Granata è un’urbanista-architetto sui generis. Delle città analizza la dimensione sociale, antropica e mediale che precede e accompagna il progetto delle forme fisiche; si interessa quindi alla vita delle persone e ai comportamenti umani prima della definizione degli spazi.Si occupa di paesaggio e ambiente, di politiche di riqualificazione urbana, politiche abitative e d’integrazione sociale, di relazioni tra imprese e territorio. Perché ritiene che i luoghi concreti del vivere e i territori siano la determinante fondamentale di ogni storia economica e sociale, con la loro biodiversità, le loro ricchezze, le loro vocazioni originarie.È Professore Associato al Politecnico di Milano. Laureata in Architettura, dottore di ricerca in Pianificazione Ambientale e Territoriale, insegna Analisi della città e del Territorio e Urbanistica presso il corso di laurea in Urbanistica e di Architettura. È docente presso l’Istituto Universitario Sophia (IUS).Ha condotto ricerche e studi per enti pubblici, come il Ministero dei Lavori Pubblici, Regione Lombardia, Comune di Milano, l’Agenzia per lo Sviluppo del Nord Milano e per centri di ricerca come l’Istituto di Ricerca Regionale della Lombardia, l’Istituto Synergia, Fondazione ISMU, Associazione Interessi Metropolitani, Fondazione Agnelli.  Autrice di una quindicina di libri e di un centinaio articoli e saggi sui temi della città e del territorio.Cofondatrice con Fiore de Lettera di I’mpossible Studio, agenzia che si occupa di branding culturale, di comunicazione sociale e cultura d’impresa. Un luogo di ricerca sui linguaggi e le forme narrative più efficaci per l’impresa contemporanea. I contenuti di ricerca su questi temi sono raccolti in planetb.it, impossiblestudio.it e cityproject.it.

PLACEMAKER gli inventori dei luoghi che abiteremo

P come Placemaker. Dal politico-pedagogista, all'imprenditore-artista, dall'informatico-ambientalista all'architetto-giardiniere: gli innovatori dirompenti per pensare la nuova città.

Capitolo primo
Non è un designer, non è un architetto:
è un inventore di luoghi
Roosegaarde, il designer che impara dalle lucciole.
In olandese esiste una parola per dirlo: schoonheid. Una pa-
rola che non ha facili traduzioni in altre lingue: significa al tem-
po stesso bellezza – quella che nasce dalla creatività e che ispira
le persone – e purezza. Si potrebbe tradurre con «è bello, ti fa
stare bene e fa bene al pianeta». Non c’è nella lingua italiana
un termine equivalente. Se proprio volessimo pensare a qual-
cosa di simile dovremmo richiamare quel legame profondo che
lega etica ed estetica, che ci ricorda che bello e buono un tem-
po non erano cosí antitetici.
Schoonheid è una parola che il designer olandese Daan Roo-
segaarde usa spesso quando racconta il suo lavoro e il suo mon-
do, un mondo fatto di esperimenti dove l’ispirazione creatrice
si prende cura del paesaggio, dove le piste ciclabili si illuminano
di notte e si ricaricano di giorno con la luce del sole, mescolando
poesia e funzionalità, dove strane torri tecnologiche localizzate
nei parchi pubblici aspirano aria inquinata, ne espirano di pulita
e dagli scarti delle particelle di smog ricavano il carbonio neces-
sario a produrre raffinati gioielli minimal. Nel mondo di Roose-
gaarde la creatività è il vero capitale umano e l’immaginazione
accesa dai problemi reali consente di guardare oltre gli ostacoli e
di vedere quello che gli altri non vedono.
Non stupisce che questo designer di Nieuwkoop – che oggi
lavora nel suo bellissimo studio a Rotterdam sotto il livello del
mare, in una città strappata alle acque secoli fa da un mix di tec-
nologia e ingegneria visionaria, amore per la natura e desiderio
di sopravvivenza – sia cresciuto a design e libertà.
Da bambino, nel piccolo paese dove è nato, il tempo lo tra-
scorreva fuori casa, circondato da acqua e natura, costruendo
case sugli alberi e inventandosi spazi di gioco in mezzo ai campi.
«Noi abbiamo costruito il nostro paesaggio e il paesaggio ha pla-
smato noi», ama ricordare, in un processo di adattamento e di
reciproca trasformazione. Ancora oggi l’Olanda è il Paese che
sa progettare paesaggi, cercando sempre nuove sintesi tra na-
tura e impronta dell’uomo.
Capirete che non mi sentirei mai a casa in un museo bianco con ope-
re corredate da corde e targhette con scritto sopra si prega di non Toc-
care. Ho sempre sentito che l’arte dovesse stare fuori, migliorando e ar-
ricchendo il mondo intorno a noi. Il desiderio di creare paesaggi pieni di
poesia fa parte di noi1.
In Olanda è cosí: hanno le parole per dirlo perché esiste una
relazione stretta a livello culturale tra piacevolezza della vita e
contesto, tra benessere personale e collettivo, tra paesaggio in-
dividuale e diffuso perché entrambi nascono da un sentimen-
to di integrazione con la natura, di cui ci si sente intimamente
parte, in una sorta di istintuale panteismo.
E noi quali parole abbiamo per dirlo? Noi che secoli fa abbiamo
saputo miracolosamente addomesticare una laguna malsana tra-
sformandola in Venezia, erigendo una città sull’impossibile – sul
troppo mare e sulla troppa poca terra –, sviluppandola in un com-
plicatissimo intrico di isole e di canali... Noi che abbiamo imma-
ginato una città in cui natura e artificio si sono fusi in modo cosí
coerente, al punto che l’acqua tranquillamente fluiva e reflui va
fino a un secolo fa... Noi dovremmo avere almeno una parola che
riuscisse a esprimere questa meravigliosa bellezza dell’armonia e
del contrasto, tra artificio e natura. Ma non l’abbiamo.
Roosegaarde si stupisce sempre quando gli dicono che i suoi
progetti sono speciali. Lui risponde che dovrebbe essere normale
che, camminando sulle scale di un edificio o ballando in una di-
scoteca, si producesse energia con il nostro movimento. Dovrebbe
essere normale tenere i lampioni spenti in città tutta la notte se
nessuno transita, attivandoli solo al nostro passaggio. Dovrebbe
ma non lo è, perché abbiamo infinite resistenze a guardarci intorno
in modo radicalmente creativo e a sovvertire l’ordine delle cose.
Se si osservano le lucciole che volano di notte è facile capire
che non usano la luce come una decorazione, come un elemento
puramente estetico, ma come strumento di comunicazione, una
sorta di codice morse che usano per sedursi vicendevolmente,
per richiamarsi e attrarsi nel buio. L’osservazione degli insetti

ECOLOVE perché i nuovi ambientalisti non sanno ancora di esserlo

Le piazze si riempiono di migliaia di ragazze e ragazzi che protestano contro l’inerzia delle risposte al cambiamento climatico. Si moltiplicano i progetti di riforestazione urbana e di agricoltura biologica, e non c’è azienda che non abbia messo la sostenibilità al centro della propria comunicazione. E non c’è talk, giornale, trasmissione, evento o pubblicità che non riproponga il mantra della salvaguardia del pianeta. Stanno crescendo – ed è un vero paradosso – le opportunità di fare bene al pianeta anche per le persone che non hanno particolare sensibilità ambientale.

Com’è che siamo diventati tutti (veri e presunti) ecologisti?